Ero sulla cima di una collina. Era buio e faceva freddo,
tirava vento di tramontana. Non mi ricordavo quand'era stata l'ultima volta che
avevo visto il sole, che avevo sentito il calore sulla pelle. L'aria era densa,
irrespirabile, opprimente. A volte vedevo bagliori lontani, ma erano solo brevi
istanti, solo flash... Mi bastavano a sopravvivere, ma non a vivere nel vero
senso del termine. Una notte come le altre caddi nel mio sonno agitato, con gli
stessi dubbi, le stesse paure e la flebile speranza che il giorno dopo quei
bagliori sarebbero stati più vividi, più intensi, più lunghi... Mi svegliai di
soprassalto: una luce abbagliante mi aveva svegliato. Era accecante e aprire
completamente gli occhi fu faticoso... Mi feriva quella luce, quel calore, e mi
spaventava. Mi alzai dalla mia solita posizione rannicchiata e scoprii (o meglio
ricordai) che avevo due gambe e due piedi e che servivano a muoversi. II tempo
di fare un passo malfermo e… il baratro! Un'enorme scarpata erbosa. Mi ripresi
a fatica, annaspando nell'aria, e cominciai a correre. I piedi volavano senza
controllo. Avevo il vento in faccia, ma non era la solita tramontana, era una
brezza leggera che odorava di...come si chiamava? MARE… E quelle cose colorate?
FIORI. Già: i colori… Aprii gli occhi: mi trovavo in un immenso prato fiorito,
era primavera. Gli uccellini cinguettavano, le api ronzavano e io non riuscivo
a star ferma: correvo, correvo, correvo. Senza sosta. Ogni tanto mi sembrava di
cadere e avevo paura, ma pian, piano nella corsa mi resi conto che anche se
fossi caduta sarebbe stato un bell'atterraggio, morbido, nell'erba verde e
fresca. E poi – caspita! - sentivo
qualcosa, o meglio qualcuno accanto a me che mi sorreggeva. Non ero da sola nel
mio "folle volo"! Mi chiesi se
questa presenza benevola fosse parte del paesaggio primaverile che mi
circondava, se fosse nata con esso, a causa di esso, o ne fosse il motivo
scatenante. Mi sorpresi della risposta: non mi interessava. Mi importava solo
che fosse lì con me, che correvamo senza poterci fermare, che il mondo era
bellissimo e che, anche se fossimo caduti, saremmo rotolati insieme nell'erba, con
polline tra i capelli, vestiti leggeri e nell'aria odor di mare...
Così sono da quel giorno: corro ancora lungo quella distesa
verde e non ne vedo la fine. Potrebbe essere al prossimo passo, domani, tra un
mese, mai. Mi ricordo ancora del buio, del dolore, del freddo. Li porto dentro di
me a monito e so che prima o poi dovrò affrontarli, per sconfiggerli
definitivamente o anche solo per accettarli. Ma adesso quello che conta è
correre... Senza pensieri, col vento in faccia, respirando la salsedine...
Corro, corro, corro...
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