Caro nonno,
mi fa uno strano effetto scriverti, dato che
non ci sei più. Te ne sei andato in un grigio pomeriggio di sette anni fa, un
pomeriggio come questo. La tua morte era annunciata, certo, ma ci colse tutti
abbastanza impreparati. Le conseguenze della tua dipartita sono state disastrose,
per questo sono contenta che tu non abbia assistito allo sfacelo degli ultimi
anni. Devo confessarti che ancora ce l’ho un po’ con te per avermi lasciata
così, in piena adolescenza, in un mondo che difficilmente riesce a
comprendermi. Tu invece mi capivi e mi guardavi fiero e soddisfatto quando ti
raccontavo delle mie piccole battaglie. Senza togliere di rispetto a nessuno,
penso di essere la nipote che più ti somiglia… Ho ereditato da te quella voglia
di combattere che ti ha accompagnato fino all’ultimo giorno, quando con un filo
di fiato mi dicevi “Sono arrivato qui con l’ambulanza praticamente morto… Ma
ora sono vivo!”.
Mi ricordo il tuo sorriso a presa di giro, la tua
generosità, le tue dimostrazioni di affetto… Abbiamo passato insieme tanti bei
momenti, da quando mi portavi ai giochini in piazza Tasso, dopo la scuola, a
quando prima del tuo riposo pomeridiano mi raccontavi le tue storie... Erano
storie inventate, dove però in qualche modo risultavi protagonista e mi faceva
tanto ridere il tuo egocentrismo… Mi sa che anche quello l’ho ereditato da te!
E poi c’erano i racconti di vita vera: la guerra, la povertà, la Resistenza, il
processo che hai subito ingiustamente e in cui ti sei difeso da solo, la lotta
nel partito nel ’68, le mille donne che hai avuto…
Raccontavi molto, ma ti piaceva anche ascoltare… Ti parlavo
di quel che studiavo a scuola e tu, nella tua grande giovinezza di spirito, ti
divertivi a vedere il mio entusiasmo nell’imparare. Eri un gran nonno, un
grande capofamiglia e una persona eccezionale… Anche nei tuoi sbagli, eri, alla
fine, coerente con te stesso e, cosa che ti invidio tantissimo, soddisfatto
della tua vita e delle tue esperienze….
Hai sofferto molto negli ultimi anni, legato a quella sedia
maledetta che ti aveva tolto anche la dignità, ma dentro il tuo spirito non era
cambiato: fiero e libero, come a vent’anni!
Penso che insieme a Zorro, tu sia stato il mio eroe
preferito nell’infanzia. Avevi vissuto in una realtà violenta, ma mi hai sempre
insegnato che è con le parole che si sconfiggono davvero le ingiustizie.
Ed è così che cerco di fare ogni giorno, scrivendo e
partecipando il più attivamente possibile alla vita politica e sociale della
mia (e tua) Firenze. Però mi manca confrontarmi con te e spesso mi chiedo cosa
penseresti della situazione dell’Italia di oggi. Mi ricordo la tua rabbia e la
tua amarezza vedendo le immagini dei pestaggi del G8 di Genova, quindi
probabilmente è meglio che tu te ne sia andato prima di vedere l’attuale
realtà.
Dopo sette anni ancora non ho avuto il coraggio di andare
sulla tua tomba…. E dire che vado spesso da quelle parti! Forse perché ancora
non ho accettato che tu sia morto… La realtà è che mi manchi: crescere senza il
tuo appoggio è stato veramente difficile… Avrei voluto vederti contento il
giorno che mi sono diplomata e ancor più vorrei vederti a luglio, il giorno
della mia laurea…
Non credendo a un Aldilà, non posso dire che tu vegli su di
me, ma sono sicura che i tuoi insegnamenti mi aiutano ogni giorno nelle
difficoltà che la vita mi presenta… Quindi in un certo senso è come se tu vivessi
in me e mi impegno ogni giorno per poterti immaginare fiero delle mie scelte…
Avrei avuto piacere di presentarti l’ultima, di scelta: sono sicura che
approveresti!
Non so come accomiatarmi (come si saluta un morto?), ti dico
solo che ti ho voluto un gran bene e ti ringrazio: sei stato una grande guida e
un grande maestro…
Un bacio
La “Piccina”
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