martedì 31 luglio 2012

Nuova carriera n.2


L’alba sopraggiunse mentre Artemisia terminava la pag 122 del suo romanzo; i raggi del sole entravano dagli spazi tra le stecche disconnesse della stalla dove la ragazza si era nascosta per leggere a lume di candela. Stanca morta, tornò in punta di piedi alla stanza comune, nascose il libro sotto le coperte e finse di alzarsi. Le sue compagne intanto cominciavano a svegliarsi e la sala si riempì di sbadigli e borbottii assonnati. Artemisia diede una rassettata all'abito lacero e si diresse al pozzo per prendere un po’ d’acqua e lavarsi il viso. Anche in questo era considerata strana: che senso aveva che una donna del popolo passasse troppo tempo a curare la sua persona? Anzi,  meglio che fosse sporca e poco attraente: almeno poteva avere la fortuna di scappare dalle grinfie dei guardiani del padrone e da quelle di uno in particolare, il loro capo Lucio. Prendeva le ragazze poco dopo che avevano staccato dal lavoro e le portava nella sua capanna; i suoi compagni provvedevano a coprire le urla cantando e suonando lì nei pressi: infatti Lucio non si limitava a violentare le donne, ma si divertiva spesso anche  sfregiarle e a massacrarle di botte. Inoltre, le poverette che lui “sceglieva” venivano isolate dalle compagne e, se avevano la sfortuna di rimanere incinte, perdevano lavoro e alloggio presso il padrone, che non si poteva permettere di “sfamare un figlio della vergogna”.
Artemisia sapeva tutto questo e temeva Lucio, ma la paura non le sembrava un valido pretesto per non lavarsi. La nonna le aveva insegnato che l’igiene preveniva le malattie e poi non si riteneva abbastanza attraente per rientrare nei gusti del guardiano e non mirava certo a diventarlo.
 Sbocciata all’età di 12 anni aveva sempre cercato di nascondere e comprimere con pezzi di stoffa il seno, che le sembrava troppo abbondante per il suo fisico spigoloso dovuto alla fame e al duro lavoro. Da quando era morta sua nonna si era tagliata i capelli corti e dei morbidi boccoli castano scuro curati fin dall’infanzia era rimasta solo una misera zazzerina informe e spettinata, sulla quale portava una fascia per il sudore.  I pochi stracci che aveva consistevano di un paio di tuniche, una in lana e una in cotone, sotto le quali spesso portava pantaloni corti o lunghi. Ai piedi indossava basse pantofole di stoffa l’inverno e stava scalza l’estate…Unico ornamento era appunto il ciondolo della nonna e, se capitava, una margherita fra i capelli. Il solo elemento della sua persona  che veramente risaltava, e che non poteva certo nascondere, erano gli occhi di un blu eccezionale, che spiccavano come pozzi di cielo sul viso bruciato dal sole. Quelli erano l’unica eredità di suo nonno, del quale non aveva mai visto neanche una fotografia e di cui la nonna parlava raramente, in quanto il suo ricordo la faceva soffrire troppo. Artemisia sapeva soltanto il poco che l’anziana donna si lasciava sfuggire ogni tanto: era un uomo onesto, che aveva dedicato la vita ad aiutare gli altri, un “eroe”, e soprattutto era un “artista”; ma queste due parole la giovane non aveva mai capito bene cosa significassero. Sapeva solo che quel suo modo di essere era quello che l’aveva portato alla sua prematura scomparsa e che la nonna ogni volta che ci ripensava cominciava a singhiozzare e a ripetere “Ah il mio cavaliere…contro l’ultimo drago non ce l’hai fatta…Ah il mio eroe..com’eri bello, amor mio…” e altre frasi che Artemisia stentava a comprendere.
Mentre ripensava al nonno mai conosciuto suonò la sirena che segnava l’inizio del lavoro e Artemisia si affrettò a incolonnarsi con le compagne per salire sul pullman che le avrebbe portate nei campi. Ma uno dei guardiani, Severo, che nonostante il nome era il più umano (se così si poteva definire), la fermò e le disse: “Il padrone vuole che tu vada in città oggi…ha bisogno di tre balle di lana e 5 cubiti di seta per il suo corredo di nozze…ti accompagniamo io e il garzone di stalla…e vedi di non fare la furba: ché se sei brava ti lascio libera di gironzolare per un’oretta, ma se fai la difficile ricordo a Lucio che esisti, siamo intesi?”
“Come il padrone comanda…” rispose la ragazza. Le capitavano spesso questi incarichi: il padrone non approvava il fatto che la ragazza sapesse contare, ma gli serviva per contrattare il prezzo di certi articoli al mercato. Artemisia era sveglia, fin troppo per i suoi gusti, ma sapeva anche che lavorava sodo e che raramente creava problemi, per cui si fidava abbastanza di lasciarla andare in città accompagnata solo da due dei suoi uomini, ai quali affidava il denaro, contato, e il lasciapassare per entrare oltre i padiglioni.
Artemisia dal canto suo era contentissima dell’opportunità: perdeva una mattinata di lavoro e poteva andar a girellare per i banchi del mercato cittadino. La città, Flos Eycarpia, nonostante il suo fetore, la affascinava terribilmente: si diceva che un tempo fosse stata una delle più importanti del paese, quando ancora questo non era suddiviso in tre stati, e che a migliaia venissero ogni anno dall’estero per ammirarne le meraviglie. A lei più che altro importava  trascorrere una giornata diversa, vedere gente nuova e magari passare dalla bottega di Leonida, il vecchio contrabbandiere. Era lui che le procurava i libri in segreto e che spesso le raccontava storie sul glorioso passato della città, di cui era rimasta solo la chiesa principale, detta Duomo. Artemisia non aveva mai capito se il vecchio e astuto ricettatore avesse in qualche modo un legame con la sua famiglia, perché sembrava sapere molte cose di lei, senza che gliel’avesse mai raccontate, ma andava sempre volentieri a trovarlo. Nonostante i modi bruschi e schivi e il viso fortemente deturpato (si vociferava che avesse subito un incidente da giovane nella centrale nucleare nella quale lavorava) le stava simpatico e, per la sua infinita magrezza, le faceva talmente tenerezza che quando lui le chiedeva due mele come compenso, spesso gliene dava tre…

sabato 28 luglio 2012

Nuova Carriera n.1

Artemisia controllò che tutte le sue compagne stessero dormendo e con circospezione si tirò su dal pagliericcio. Da sotto il misero involto di paglia e foglie di granturco che le fungeva da materasso tirò fuori il suo "tesoro": un libro, per l'esattezza "Alice nel Paese delle Meraviglie". Non vedeva l'ora di cominciare a leggerlo: dal poco che ne sapeva doveva parlare delle avventure di una ragazza in un mondo fantastico. A dire la verità non le importava molto che cosa raccontasse, le bastava averlo. Per "conquistarlo" aveva dovuto scambiarlo con tre mele, un pezzo di formaggio e una striscia di carne secca al mercato nero: "Pazienza" aveva pensato "vorrà dire che mangerò di più domani. o domani l'altro...". Sì: quella pila mezza scucita di fogli ingialliti e mezzi strappati, con una copertina di cartone malconcio le ispirava un fascino enorme, maggiore del cibo a volte. Eppure lavorava duramente quasi 14 ore al giorno per quel misero pasto che consumava la sera, a volte troppo stanca anche solo per deglutire...ma la notte erano i libri, la conoscenza, che le davano speranza e conforto... Quelle righe che velocemente scorrevano sotto i suoi occhi e creavano mondi paralleli, mondi dove lei avrebbe voluto vivere, scappare dal lavoro massacrante, dai padroni con gli occhi, le mani e la frusta troppo lunghi, dalle sue stesse compagne, che arrivavano a fare da delatrici ai danni delle altre pur di accaparrarsi un pezzo di pane in più... Ma in quelle pagine si raccontava di donne indipendenti, di popolani che si ribellavano ai padroni, di "liberi cittadini" che sceglievano i loro rappresentanti in un'assemblea chiamata "Parlamento"... Artemisia aveva sentito parlare di cose del genere solo da molto piccola, quando sua nonna le narrava della sua giovinezza, ma aveva sempre creduto in parte che quelle storie, fossero soltanto storie, appunto... Cose del genere non erano possibili!!! Ma alla nonna ci era affezionata: era lei che l'aveva cresciuta dopo la scomparsa di sua madre, morta dandola alla luce, e l'arresto di suo padre, accusato di aver rubato due polli al padrone. I suoi fratelli, più grandi di qualche anno, erano stati presi a lavorare in poderi vicini e avevano il permesso di andarla a trovare solo una volta al mese, sempre che al loro padrone non girasse storto.
La nonna era sempre stata un punto di riferimento per la piccola Artemisia e aveva sempre cercato di infonderle coraggio... "Sii forte, bambina, e mantieni la tua dignità: pensa sempre con la tua testa, rispetta le regole, ma agisci secondo coscienza..." era una delle frasi preferite dell'anziana donna, che le aveva praticamente insegnato tutto, compresa la passione per la carta stampata. Lei le aveva dato i primi libri, le aveva insegnato come comprendere il significato di quegli strani segni che c'erano sopra e come riprodurli a sua volta...ovviamente tutto in grande segreto: ai popolani era proibito saper leggere e chi veniva scoperto in possesso anche solo di un pezzo di carta scritto, veniva punito con dieci frustate. Ma la nonna sosteneva che valeva la pena di correre il rischio, "L'ignoranza" diceva sempre "è il padre dei mali del mondo..." e lei non aveva certo intenzione che sua nipote crescesse senza le basi per poter ragionare e capire quando la raggiravano! E le raccontava di come, ai suoi tempi, tutti i bambini dovessero andare in un posto chiamato "scuola", dove imparavano tutti insieme...e allora Artemisia fantasticava di quel lontano passato, cercando di immaginare una vita diversa... Ma la nonna era morta l'anno precedente dopo l'ultima ondata di freddo e l'aveva lasciata sola...l'unica cosa che le era rimasta di lei erano i libri e delle altre cose strane, un misto di immagini e riquadri scritti, - "Com'è che si chiamavano?? ... ehm... ah ecco: Fumetti!!" - insieme a un quaderno per scrivere e una "penna biro" (la nonna la chiamava così)...e poi le aveva lasciato un pendaglio fatto a gatto, che lei custodiva gelosamente legato al collo... La nonna diceva che era un regalo del suo grande amore quand'era giovane e gliel'aveva affidato sul letto di morte, per cui Artemisia lo teneva come una reliquia del nonno che non aveva mai conosciuto, e lo toccava come un amuleto ogni volta che si sentiva sconfortata, delusa, abbrutita, malinconica ... dopo una lite col guardiano del padrone, ad esempio, o con le sue compagne, che spesso la deridevano e la insultavano...
Era strana Artemisia come ragazza, lo era sempre stata, e per questo non aveva molti amici...a dire la verità non ne aveva nessuno: già la nonna era considerata una "pazza" al villaggio e lei aveva sempre pensato che anche la parola "amicizia", fosse una di quelle cose che si potevano trovare solo sui libri, come succedeva per  "democrazia" e "libertà"...

giovedì 26 luglio 2012

...tornare all'ovile pensando a partire per nuovi lidi...

...sono scesa alla stazione di campo di marte alle ore 17.46 di oggi...sono stata subito investita dall'odore di casa...il tanfo fiorentino...ma mai casa mia mi era mancata così tanto...perché all'odore di casa, è seguito il sapore di casa...sì...che dolce il ritorno...quasi dolce quanto la partenza...una mini vacanza...anche se di "vacante" c'è stato ben poco...almeno i primi 3 giorni, che sono stati mooooolto pieni!!! :D a volte è proprio vero che la felicità è difficilmente descrivibile a parole...ci sto provando a fare un discorso di senso compiuto che non suoni banale, falso, stupido...ma non ci riesco...che frustrazione...dove voglio andare???vorrei far la grossa con la storia di saper scrivere...ma evidentemente non son un granché...non riesco a esprimere nemmeno quel che più mi rende felice...e allora a cosa serve?di cosa scrivo?? dovrei davvero mettermi a inventare storie di fantasia? non mi ci vedo...anche se ultimamente non escludo neanche quella di idea...qualcuno mi sta facendo pensare che potrebbe essere fattibile...magari solo a livello di collaborazione a progetti più ampi...sì...devo ammettere che l'idea mi solletica (tanto per citare uno dei più grandi programmi televisivi della mia infanzia...)...intanto ripenso a quello il mio cervellino malato elaborava stamani...alle angosce...le paure...beh...e dico...e quindi?? il passato mi fa cucù da ogni parte...ma per una volta non fingo nemmeno che non esista...no, cavolo, sono grande? adulta? matura? convinta di quello che faccio?BENE...allora accetto il passato, in quanto ormai appunto "passato" e mi vivo il presente, guardando al futuro...le coincidenze, i deliri da fatalista (quale non sono...sono una donna di scienza io perdiana!!!) li ascolto solo quando ci piacciono...quando mi intortano ho deciso che son fandonie, bazzecole, bubbole e pinzillacchere...anche perché non posso fare altrimenti...è questo il mio tempo...questo il mio momento...ed è tutto fuor che brutto...quindi chi me lo fa fare di imparanoiarmi?? di sicuro tenderò sempre a cadere nella malinconia...son così, è il mio carattere...quello un po' alla Friedrich...insomma il Wanderer e compagnia cantando (che poi: perché sta compagnia canti un s'è mai capito!!!)...ok va bene...però...ora come ora mi voglio DIVERTIRE...ed è quello che sto facendo...mi diverto...tanto tanto...ora che ho trovato con chi condividere le mie follie...le mie idee balzane e malsane...sono libera di essere me stessa...di esprimermi liberamente...un po' come faccio con la mia migliore amica...ma su un livello diverso...più....come si può dire? intimo?confidenziale? non lo so...diciamo che ho tolto il doppiofondo da qualche cassetto della mia anima...un po' anche costretta, diciamo la verità...ma mi sento libera...non ancora completamente...ma sto meglio...questo è il senso, l'insegnamento della mia mini vacanza....i miei blocchi si stanno disfacendo uno ad uno...e io...sono contenta!!!

venerdì 13 luglio 2012

...questi fantasmi ancora in noi sono più vecchi di ogni età...

STERMINARE! sì...vorrei essere un dalek a volte...per poter pronunciare questa parola con voce metallica e incenerire tutto ciò che mi irrita...oggetti, persone...tutto quanto....sono stanca, immensamente stanca...ho l'anima stanca...un lenzuolo sgualcito, un barattolo di latta ammaccato, un foglio accartocciato...avrei bisogno di poter svolgere i miei pensieri su un tavolino...sbrogliarli...rimetterli in fila e poterli leggere con calma...e poi magari anche interpretarli...e invece no, non si può...il mio sistema è sovraccarico...il mio cervello è talmente zeppo di roba, che sembra il 23 o il 6 nell'ora di punta...ogni circonvoluzione satura come un bicchiere d'acqua con troppo bicarbonato, come una sanguisuga piena di sangue che si stacca dalla tua pelle per respirare, come lo spumante agitato che fa esplodere il suo tappo...e prima o poi esplodo anch'io...sono in quiescenza...come il vesuvio...sembra tranquillo..ogni tanto al massimo si vede un flebile filo di fumo uscire dal suo cappello...ma è quello che bolle in profondità, quello che non si vede, ad esser pericoloso...fa caldo all'interno delle miei pendici cerebrali...la pressione è al limite...dovrei trovare una valvola di sfogo...ma temo che sia difettosa...a volte fa scappare qualcosa...a tratti, all'improvviso e nei momenti più improbabili...ma il sistema d'allarme...quel self control che mio babbo nega che abbia, richiude il rubinetto ogni volta...e serra stretto...non sta bene esplodere...non sta bene urlare in mezzo alla gente...non sta bene rispondere male...non sta bene mostrare debolezza...sorridi, tranquillizza, consola, rassicura, dai speranza a chi ne ha bisogno...non cedere...anche se resti coinvolta, non cedere...controllati...non sei una bambina...sei adulta e gli adulti non piangono, non urlano, non prendono a testate i muri...anche se hanno voglia di farlo...ma io ce l'ho ogni tanto il modo per ingannare il sistema d'allarme...io scrivo...e in parte, faccio calare un po' la pressione...è che per un pascal che scende, sale di altri due...è una lotta infinita...contro me stessa...contro la mia educazione, la mia diplomazia, i miei mille compromessi...ma è la vita...non posso far diversamente...devo solo trovare un altro modo per sfuggire a tutto questo senza sembrare una schizzata...devo trovare un altro rubinetto...deve esistere...tutti ne hanno più di uno..nel caso si rompa il primo...non posso esser stata progettata senza...sennò ci sarebbe da denunciar l'ingegnere responsabile del progetto...nel 1990 le leggi sulla sicurezza erano già abbastanza chiare!! spero di trovar presto un equilibrio...l'esplosione è vicina...vicinissima...

Alla sera

Forse perché della fatal quïete

tu sei l'imago a me sì cara vieni

o sera! E quando ti corteggian liete

le nubi estive e i zeffiri sereni,


e quando dal nevoso aere inquïete

tenebre e lunghe all'universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.


Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme


delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

quello spirto guerrier ch'entro mi rugge