venerdì 15 novembre 2013

Spara, spara spara, amore!

La città era in fiamme, i palazzi si sbriciolavano come biscotti per il cheesecake... sembrava il finale di un film di Snyder... La ragazza vagava tra le macerie senza meta precisa, il viso annerito dal fumo, gli abiti bruciacchiati ai bordi... Le lacrime, unico scintillio di luce nel suo sguardo triste, le offuscavano la vista dell'orrore che la circondava... Cosa avrebbe fatto ora? Era sola, in mezzo al deserto che lei stessa aveva creato..."Come sono giunta a questo punto? Non c'è più nulla... " Dalle orbite vuote del grattacielo di fronte non giunse risposta... La carcassa di un'auto già in fiamme esplose a pochi passi da lei, probabilmente perché il fuoco era giunto a mordere anche il serbatoio...quasi non notò il boato, né la folata rovente che fece sfrigolare i suoi capelli, ormai ridotti a un ammasso crespo e senza logica...
"Questa volta è stata l'ultima... ho avuto quello che volevo: la fine... il mio desiderio di morte ha prevalso sulla speranza, sul senso di responsabilità...il mio tocco velenoso ha contaminato tutto... è tutto distrutto, fin dalle fondamenta... Adesso non ho più niente... né amici, né parenti, né un luogo dove riposarmi...e lui?No...questa volta non verrà, l'ho fatta troppo grossa... Perché dovrebbe ancora venire a salvarmi in questo schifo?Non lo merito e se lo facesse, si farebbe solo del male ulteriore.... E' questo che faccio: illudere la gente di essere brava, intelligente, speciale... si accorgono tutti troppo tardi di quanto sia pericoloso avvicinarsi... come i serpenti che più sono velenosi, più sono belli e colorati, così io mi circondo di persone fantastiche, le attiro nel mio mondo onirico fatto di sogni e ideali, e poi le distruggo, le affosso condannandole allo stesso destino al quale sono legata io... Vivo in un limbo di mediocrità, sospesa tra la Luce e il Buio, coprendomi di colore ma restando grigia dentro... Tutto ciò che tocco diventa cenere... Finalmente questo scenario rappresenta ciò che veramente sono: un disastro! Come un architetto di Inception ho finito per costruire ciò che realmente alberga nella mia mente straziata... Un luogo dove non c'è posto per fiducia e speranza, dove le persone non migliorano, dove i sogni rimangono nei cassetti e si coltiva la disillusione...E adesso che ho de-costruito tutto ciò che le mie belle parole rappresentavano, cosa mi resta? Nulla... sto da sola con me stessa, come ho sempre fatto, seppur circondata da visi amici... Ma cos'è quel bagliore? Un'altra esplosione? Forse...ma sembra più bella... Che sia lui? Magari... Lui...bellissimo, nella sua armatura fatta di speranza, con la sua bocca piena di parole d'amore e il suo destriero di fantasia... No...non è possibile...non tornerà da me...non questa volta..." 

martedì 12 novembre 2013

Racconto - Capitolo 1

C'era una volta una guerriera errante...
Non aveva un posto fisso dove abitare o lavorare: andava dove ci fosse bisogno delle sue imprese eroiche. Quasi ogni mese aveva un nuovo incarico, ogni volta in un paese diverso. Un giorno venne convocata da un'associazione di cavalieri in uno strano paese chiamato Vaporpagus. Era una terra strana, piena di meraviglie che non aveva mai visto; per certe cose somigliava al posto dal quale veniva, ma per altre era molto diversa. Esistevano città, grattacieli, fabbriche, ma tra le persone che vi abitavano ce n'erano di particolari, in quanto dotate di capacità straordinarie che le distinguevano dalle altre. I più importanti tra questi "eroi" avevano deciso di combattere le ingiustizie tutti insieme, in una sorta di alleanza. Ma di recente si erano scontrati con un problema più grande di loro e avevano fatto chiamare la guerriera.
La giovane entrò nel palazzo sede dell'associazione e si trovò davanti gli uomini e le donne più strane che avesse mai visto: tutti vestiti sgargianti, mascherati, con tutine aderenti e con mantelli...
"Salve... ehm... signori... mi avete convocato?"
Un tale aitante con una tuta azzurra e un mantello rosso rispose: "Sì. Vedi noi abbiamo sempre combattuto il crimine, le invasioni aliene, le guerre nucleari, i pazzi con smanie di conquista, ma questa volta non sappiamo come combattere questo nemico. Abbiamo sentito che tu ti occupi diciamo di... casi impossibili..."
"Va bene, ho capito... Ma chi è questo fantomatico nemico? E come funziona? Mi pagate? Vedete: io lo farei per la gloria e basta, ma devo campare..."
"Per i soldi non ci sono problemi..." disse un tizio tutto vestito di nero, con l'aria cupa, "...anche se non credo che una ragazzina scalcagnata con pretese da eroina possa sconfiggere Psycrotes..."
"Bruce smettila! Che alternative abbiamo?" disse una donna in armatura con un lazo legato alla cintola.
"Va bene: tanto decide sempre la maggioranza! Ma sapete come la penso..."
"E dai diamole una chance!" rispose un tale vestito di rosso con un lampo stampato sul petto.
"Ok, ragazzi: quando avete finito di discutere mi spiegate chi è questo Psycqualcosa?"
Un tipo in verde le spiegò "Psycrotes è l'entità dell'indifferenza. E' un mostro terribile. A vederlo non sembra pericoloso in quanto è anonimo. Nessuno si ricorda che faccia abbia, è totalmente grigio: né brutto, né bello, né alto, né basso, né magro, né grasso. Un signor nessuno! Ma proprio per questo è più insidioso... e te lo dice uno che ha combattuto contro un avversario più che temibile, la Paura. Ma questa volta è diverso: s'installa nella mente delle persone e non si schioda più. Ormai quelli che non delinquono, semplicemente non fanno nulla. Nessuno s'interessa al lavoro che fa, a chi lo circonda, a niente! Nessuno legge giornali o libri, pochissimi studiano, l'affluenza alle urne è del 5 %... è un totale disastro!"
"Sì ok... e come pensate che io possa sconfiggerlo, se voi non ci siete riusciti?"
"Beh, Hal non ti ha spiegato la cosa più grave.." riprese il tizio in blu "vedi, noi abbiamo sempre rappresentato una speranza per le persone del nostro mondo, siamo modelli da seguire e imitare, siamo dei simboli, oltre che persone reali. Questo grazie anche a racconti che narrano le nostre gesta..."
"Sì...e cosa c'entrerebbe ora questo?"
"Fammi finire... In molti hanno scritto di noi..."
"E ci hanno guadagnato anche parecchio..."
"Bruce, per piacere, posso parlare? Dicevo: in molti hanno scritto di noi, ma l'ideatore di questo sistema, il fautore della nostra fama, il nostro diciamo "sceneggiatore" più importante è il Gibbardo..."
"Il Gibche?"
"Il Gibbardo: è un essere misterioso, un mutante... un bardo, un cantastorie con l'aspetto di Gibbone... O molti altri aspetti, dipende dall'umore che ha."
"Mmmmm un tipo da bestiario insomma: mi volete prendere in giro? Cioè: accetto tutto, gli alieni, le amazzoni, i guardiani dello spazio, ma un animale che scrive storie?!? Che sarebbe, il novello Papà Castoro? E poi ancora non ho capito che c'entri con Psycrotes..."
"Caspita! Ma sei più rompiscatole di Bruce! Nessuno ti ha insegnato che non si  interrompe una persona mentre parla?"
"Diana calmati! Ma tu ascolta, per favore, ragazza... Allora, il Gibbardo, che tra di noi ha conosciuto solo Bruce, è sparito misteriosamente. Non siamo in grado di trovarlo da nessuna parte; abitava in una città molto antica in un paese dove Psycrotes ha fatto molti danni. Temiamo che sia morto. Non lo trovano né i radar di Bruce, né la mia vista a raggi X. Il problema è che da quando lui è scomparso nessuno crede più i noi: abbiamo perso la nostra autorevolezza, tra la gente siamo poco più che una parodia! I criminali ci ridono in faccia e, se non siamo presi sul serio, se la gente non crede in noi, vuol dire che ha perso la speranza e noi non possiamo fare il nostro mestiere..." disse l'uomo in blu con la faccia sconsolata.
"Ok, io ho ascoltato, ma ancora non capisco quale sia il mio ruolo nella faccenda!"
"Devi trovarlo..."
"Io? E come? Se nemmeno le vostre super capacità ci riescono, come potrei farlo io?"
"Infatti non puoi a mio avviso..."
"Bruce...."
"Invece di fare il disfattista, dille quello che sai..."
"Va bene. Allora, l'ultima volta che io parlai col Gibbardo, circa un anno fa, lui era molto amareggiato. Si lamentava che i suoi racconti non erano molto apprezzati, si sentiva incompreso. Lavorava giorno e notte, ma negli ultimi tempi nessuna casa editrice si era dichiarata disposta a pubblicare le sue storie. Dicevano che erano "vecchie", nel senso che nessuno ci si poteva più riconoscere. Il Gibbardo parlava di valori e ideali, che in effetti la nostra società non segue più, sempre che li abbia mai seguiti! Fatto sta che lui ci credeva ancora e si rifiutava di accettare il cambiamento; diceva che noi eroi avremmo dovuto essere dei fari per questa umanità a catafascio, sempre più corrotta e ignorante. Forse non si rendeva conto che Psycrotes era ormai nel pieno dei suoi poteri. Comunque accennò a un viaggio a Oneiron per schiarirsi le idee, poi mi chiese non troppo gentilmente di togliere il disturbo. Da quel momento ha fatto perdere le sue tracce e nessuno ha più letto i suoi racconti."
"Bene. E quindi io dovrei andare in questa Oneiron a cercarlo? Non potete andarci voi? E poi, ammesso e non concesso che trovi il Gibbardo, che dovrei fare?"
"No, tu sei la guerriera errante, tu devi andarci. Noi abbiamo un sacco di lavoro da svolgere qui: regna il caos! Una volta trovato il Gibbardo devi convincerlo a tornare e a scrivere una nuova storia: solo i suoi racconti possono aiutarci a sconfiggere Psycrotes, solo con la sua fantasia la gente potrà tornare a credere in noi e ad interessarsi della propria sorte e non cadere vittima di altri demoni, quali Ignoranza, Paura, Odio..."
"E come lo convinco? A quanto ho capito è un vecchio scorbutico, perché dovrebbe venire con me?"
"Beh sulla tua spada ci sono scritte tre parole che lui ama alla follia...Vedrai che lo convincerai! Devi riuscirci: sei la nostra unica speranza..."

venerdì 8 novembre 2013

L'invincibile armata...

La stanchezza cominciava a farsi sentire sempre più insistente: era una stanchezza fisica e mentale. Si disse che non poteva andare avanti così, con le scarpe ormai ridotte a un involucro liso, prive di suola, tenute insieme da uno spago sfilaccicato... Gli abiti erano laceri e zuppi d'acqua, ogni passo le pesava sulle gambe a pezzi, sui piedi pieni di vesciche, sulla schiena incurvata. 
Eppure era giovane e, quando era partita, era anche forte, coraggiosa, indomita... No, forse questo era solo quello che appariva, grazie all'armatura scintillante sempre tirata a lucido, il sorriso beffardo sulla faccia e quell'aria di superiorità che faceva abbassare gli occhi ai più. Era rispettata, stimata e temuta, non solo per il coraggio e per l'ardore in battaglia, ma anche perché sembrava incapace di perdere. E anche se perdeva, non sembrava mai sconfitta: le restavano la boria e l'arroganza dei vincitori, date dalla consapevolezza di essere nel giusto, sempre e comunque. Se ti concedeva un round, a quello seguente ti avrebbe fatto mangiare la polvere e ti saresti sentito l'ultimo dei rifiuti sulla Terra. La logica dei suoi argomenti era ferrea, schiacciante e vincente, tanto da confondere chiunque, da farti sentire in torto, anche se non lo eri. Le sue parole erano sferzanti, i suoi giudizi pesavano come pietre tombali e tu ne rimanevi schiacciato, incapace di obiettare davanti a cotanta sicurezza. Non era bella secondo i canoni prestabiliti dalle consuetudini, ma sapeva affascinare quando voleva. I capelli sempre in disordine, la scarsa attenzione nell'abbigliamento, il rifiuto per gli orpelli potevano far credere che mancasse di femminilità, ma chi la sentiva parlare si ricredeva subito: era una donna, una donna forte, decisa, sicura di sé, che sapeva esser donna senza imitare gli uomini per sembrare più forte.
In pochi avrebbero riconosciuto quella Bradamante moderna nella ragazza cenciosa che si trascinava per le strade, senza meta apparente, con lo sguardo perso nel vuoto e perennemente scossa da brividi, se di freddo o di paura era difficile dirlo. Com'era arrivata a ridursi così? Impossibile stabilirlo con certezza: semplicemente un giorno aveva conosciuto un cavaliere rivale e lo aveva sfidato, certa come sempre di vincere. Ma l'avversario si era rivelato più forte e più scaltro del previsto ed erano arrivati a una situazione di parità, mai verificatasi prima. E fu così che l'intrepida combattente, che non credeva nell'amore, cadde, cedette e s'innamorò. E scoprì una parte di mondo che mai avrebbe immaginato, un mondo dove le battaglie cominciavano a parole e finivano in baci, dove le conoscenze che aveva sempre ostentato, potevano finalmente essere condivise ed arricchite. Col tempo dismise il suo atteggiamento sulla difensiva e si ammorbidì, allentando i legacci dell'armatura che le sembrava ormai un peso inutile: non aveva bisogno di vestirsi di arroganza e di falsa sicurezza quando era sorretta e protetta da quell'amore folle e totalizzante per il suo cavaliere. Mai si era sentita così invincibile, mai aveva provato meno paura, mai si era sentita così al sicuro. Era un periodo eccezionale e, a poco a poco, cominciò a dedicarsi ad attività più edificanti e rilassanti dei combattimenti, a meno che non li facesse insieme a lui. 
Ma fu proprio al culmine della sua felicità, che i nemici la attaccarono alle spalle: l'insicurezza, i rapporti lacerati, le controversie familiari, i fallimenti negli studi e il peggiore di tutti, la PAURA. Essa si insinuò nelle parti del corpo lasciate libere dall'armatura e cominciò a scardinarla, pezzo dopo pezzo: ogni giorno sembrava più ammaccata, più arrugginita, più fragile. All'inizio lei non ci fece più di tanto caso: aveva affrontato mille battaglie e ne era sempre uscita, perché preoccuparsi? Ma la sfida col signore della paura, non si giocava a carte scoperte: Parallax (così qualcuno lo chiamava), o Gmork (per altri), era un avversario subdolo, che giocava sporco e riusciva a ingannarti, facendoti credere cose inesistenti. La ragazza cadde nella trappola cominciando a credere realtà le pallide ombre che l'infido essere le proiettava davanti e il dubbio le se insinuò nella mente. Cominciò a perdere fiducia negli altri e in se stessa e a desiderare uno scontro finale, dove avrebbe potuto trovare il riposante "nulla eterno". Il vaso di Pandora della sua anima era stato aperto e nel caos non sempre riusciva ad aggrapparsi alla speranza. 
Per questo si era ritrovata su quella strada, ormai allo stremo, incapace di reagire... E il cavaliere, direte voi, che fine aveva fatto? Ah lui c'era. SEMPRE: fin dai primi istanti l'aveva aiutata a combattere contro Parallax, ma non era facile. Tutte le volte che lei cadeva, andava a recuperarla, ma ad ogni scontro era sempre più debole e lui faceva più fatica a trarla in salvo. Anche quella volta arrivò: "Amore mio che ci fai qui tutta sola? E' tutto il giorno che ti cerco... Dai vieni ti porto a casa, prendiamo un tè,creiamo nuovi mondi. Che fai lì per terra? Hai bisogno di un bagno caldo, avanti.."
"Lasciami qui: non servo più a nessuno, sono ridotta a un rottame, pronta per lo sfasciacarrozze..."
"Ma che dici?! Sei bella come sempre, hai solo bisogno di una ripulita..."
"E se non ce la facessi ad alzarmi? Se questo scontro fosse stato l'ultimo?"
"Macché! Tu... NOI ce la facciamo sempre! Ce l'abbiamo sempre fatta, ce la faremo anche questa volta, vedrai..."
"Lo spero. Quando anche tu mi abbandonerai, lui vincerà..."
"Ma ti pare? Come fa a vincere? Hai visto quanto è brutto? Solo la nostra bellezza lo fa arretrare! La nostra onestà intellettuale, la nostra intelligenza, il nostro coraggio... Quando mai ci siamo fatti spaventare? Ci vuole dividere, perché sa che insieme siamo imbattibili: ma non ci riuscirà! Andiamo..."
Lei si alzò a fatica, lo prese per mano e lo seguì. Aveva ragione lui. Aveva perso diverse battaglie, ma non la guerra: come nel giro d'Italia, nella vita non conta chi vince più tappe, ma chi arriva primo a quella finale. E il percorso era ancora lungo...

Alla sera

Forse perché della fatal quïete

tu sei l'imago a me sì cara vieni

o sera! E quando ti corteggian liete

le nubi estive e i zeffiri sereni,


e quando dal nevoso aere inquïete

tenebre e lunghe all'universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.


Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme


delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

quello spirto guerrier ch'entro mi rugge