lunedì 28 aprile 2014

Lettera a un uomo eccezionale

Caro nonno,
mi fa uno strano effetto scriverti, dato che non ci sei più. Te ne sei andato in un grigio pomeriggio di sette anni fa, un pomeriggio come questo. La tua morte era annunciata, certo, ma ci colse tutti abbastanza impreparati. Le conseguenze della tua dipartita sono state disastrose, per questo sono contenta che tu non abbia assistito allo sfacelo degli ultimi anni. Devo confessarti che ancora ce l’ho un po’ con te per avermi lasciata così, in piena adolescenza, in un mondo che difficilmente riesce a comprendermi. Tu invece mi capivi e mi guardavi fiero e soddisfatto quando ti raccontavo delle mie piccole battaglie. Senza togliere di rispetto a nessuno, penso di essere la nipote che più ti somiglia… Ho ereditato da te quella voglia di combattere che ti ha accompagnato fino all’ultimo giorno, quando con un filo di fiato mi dicevi “Sono arrivato qui con l’ambulanza praticamente morto… Ma ora sono vivo!”.
Mi ricordo il tuo sorriso a presa di giro, la tua generosità, le tue dimostrazioni di affetto… Abbiamo passato insieme tanti bei momenti, da quando mi portavi ai giochini in piazza Tasso, dopo la scuola, a quando prima del tuo riposo pomeridiano mi raccontavi le tue storie... Erano storie inventate, dove però in qualche modo risultavi protagonista e mi faceva tanto ridere il tuo egocentrismo… Mi sa che anche quello l’ho ereditato da te! E poi c’erano i racconti di vita vera: la guerra, la povertà, la Resistenza, il processo che hai subito ingiustamente e in cui ti sei difeso da solo, la lotta nel partito nel ’68, le mille donne che hai avuto…
Raccontavi molto, ma ti piaceva anche ascoltare… Ti parlavo di quel che studiavo a scuola e tu, nella tua grande giovinezza di spirito, ti divertivi a vedere il mio entusiasmo nell’imparare. Eri un gran nonno, un grande capofamiglia e una persona eccezionale… Anche nei tuoi sbagli, eri, alla fine, coerente con te stesso e, cosa che ti invidio tantissimo, soddisfatto della tua vita e delle tue esperienze….
Hai sofferto molto negli ultimi anni, legato a quella sedia maledetta che ti aveva tolto anche la dignità, ma dentro il tuo spirito non era cambiato: fiero e libero, come a vent’anni!
Penso che insieme a Zorro, tu sia stato il mio eroe preferito nell’infanzia. Avevi vissuto in una realtà violenta, ma mi hai sempre insegnato che è con le parole che si sconfiggono davvero le ingiustizie.
Ed è così che cerco di fare ogni giorno, scrivendo e partecipando il più attivamente possibile alla vita politica e sociale della mia (e tua) Firenze. Però mi manca confrontarmi con te e spesso mi chiedo cosa penseresti della situazione dell’Italia di oggi. Mi ricordo la tua rabbia e la tua amarezza vedendo le immagini dei pestaggi del G8 di Genova, quindi probabilmente è meglio che tu te ne sia andato prima di vedere l’attuale realtà.
Dopo sette anni ancora non ho avuto il coraggio di andare sulla tua tomba…. E dire che vado spesso da quelle parti! Forse perché ancora non ho accettato che tu sia morto… La realtà è che mi manchi: crescere senza il tuo appoggio è stato veramente difficile… Avrei voluto vederti contento il giorno che mi sono diplomata e ancor più vorrei vederti a luglio, il giorno della mia laurea…
Non credendo a un Aldilà, non posso dire che tu vegli su di me, ma sono sicura che i tuoi insegnamenti mi aiutano ogni giorno nelle difficoltà che la vita mi presenta… Quindi in un certo senso è come se tu vivessi in me e mi impegno ogni giorno per poterti immaginare fiero delle mie scelte… Avrei avuto piacere di presentarti l’ultima, di scelta: sono sicura che approveresti!
Non so come accomiatarmi (come si saluta un morto?), ti dico solo che ti ho voluto un gran bene e ti ringrazio: sei stato una grande guida e un grande maestro…
Un bacio

La “Piccina”

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Alla sera

Forse perché della fatal quïete

tu sei l'imago a me sì cara vieni

o sera! E quando ti corteggian liete

le nubi estive e i zeffiri sereni,


e quando dal nevoso aere inquïete

tenebre e lunghe all'universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.


Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme


delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

quello spirto guerrier ch'entro mi rugge