Artemisia si affrettò a salire sull’auto insieme a Severo e allo stalliere, Fernando,
un ragazzino di 12 anni che parlava poco con le persone, ma sapeva intendersi a
meraviglia con gli animali.
La strada bianca che portava alla città passava in mezzo ai
campi e la ragazza cercò di immaginarsi come dovesse essere quel paesaggio ai
tempi della nonna, anche se a stento ci riusciva. Le colline circostanti
coltivate a cereali e vite, le sembravano bellissime: sapevano di casa, perché
in fondo ci era cresciuta; ma la nonna diceva che quando lei era giovane erano
molto più belle, perché all’orizzonte non si vedevano tutte quelle ciminiere,
né i tralicci, né tantomeno le torrette di raffreddamento delle centrali nucleari.
La città invece era sempre stata là ed era estremamente bella, la più bella del
mondo, diceva la nonna, che vi era nata e cresciuta.
Anche quella aveva provato ad immaginarsela più di una
volta, ma era piuttosto difficile: nel villaggio dove viveva e lavorava non c’erano
immagini di com’era e le foto che aveva la nonna in casa non le aveva più
trovate dopo la sua morte: scomparse in seguito a un saccheggio ad opera di “sciacalli”,
insieme al poco oro che la donna possedeva e a molti dei suoi abiti più belli.
L’auto, finalmente, si fermò davanti alla garitta del
portale principale di Flos Eycarpia, detto “Porta dell’Iris” (ogni ingresso
portava il nome di un fiore, in memoria dell’antica denominazione della città) e
il militare, puntando loro contro un mitra, chiese malamente a Severo: “Fornisci
generalità, scopo della visita e lasciapassare...”. Il guardiano si affrettò a
consegnargli i documenti, dicendo “Severo da Pozzolatico, guardiano presso la
tenuta di Bramante Ardinghi. Mi accompagnano lo stalliere Fernando e la
bracciante Artemisia. Siamo venuti per comprare stoffe al mercato e…”.
“Basta, basta…” disse il militare “non mi tediare oltre…entrate,
prima che cambi idea… Voi villici parlate sempre troppo, anche quando non vi è
richiesto…”.
Attraversarono l’arcata in acciaio della porta e si
inoltrarono nella città: subito il fetore dei vicoli salì alla gola di
Artemisia che pensò “Sarà anche stata la città più bella del mondo, ma puzza
parecchio…”; ma poi l’attenzione della ragazza venne rapita, come sempre, dalle
centinaia di persone che affollavano le strade: la gente di città camminava
velocemente, senza quasi guardare dove metteva i piedi e ignorando, almeno apparentemente,
chi gli stava d’intorno, ma sempre a testa alta. Artemisia ammirava quelle
persone, quegli strani esseri che indossavano abiti bizzarri e variopinti,
perché sembravano fatti di una pasta diversa dalla gente di campagna: anche i
più poveri tra loro, perfino i mendicanti, sembravano essere comunque fieri ed
orgogliosi del loro status e non chinavano mai la testa di fronte a nessuno,
nemmeno sotto le manganellate delle guardie. Era una strano modo di
approcciarsi alla vita, che Artemisia ricordava di aver visto solo in sua nonna
e che era difficile da descrivere…in ogni caso quella gente pretendeva rispetto
e veniva spontaneo darglielo…Sapeva che c’era una parola con la D che la nonna
usava per riferirsi a tale atteggiamento, ma in quel momento proprio le
sfuggiva…
Arrivarono al mercato principale, attraversando un ponte di
corde e assi di legno sospeso sul fiume, un corso d’acqua verdastro e
maleodorante, e si diressero al settore delle stoffe. Severo le disse: “Vedi di
far in fretta… Allora sono tre balle di lana e 5 cubiti di seta…abbiamo 50 plut
a disposizione…devono bastare, anzi, possibilmente avanzare…poi dai ti lascio
andare a fare un giro…” e sorrise…
“Non so se basteranno, a dir la verità…ma ci provo…la
signora del banco là in fondo mi conosce…magari tiro un po’ sul prezzo…che
colore prendo? La lana bianca…e la seta carta di zucchero, come vuole sempre il
padrone?”
“Eh sì…ne dubitavi? Al padrone piace il blu…anche se non va
più di moda da almeno dieci anni…ma lui dice che gli s’avvisa bene…eheh…”
Artemisia si avvicinò al banco e chiese all’abbondante
barrocciaia quello che le serviva e dopo una ventina di minuti, tornò da Severo
e Fernando con la lana e la seta sottobraccio e un sorriso trionfante sulle
labbra: “36 plut e 20 pauperi…sono stata brava, eh? Questo è il resto… Ora
posso andare a fare un giro…vero??”
“Vai, vai…mi raccomando…all’ora sesta devi essere qui,
chiaro? Non crederai mica di saltare tutta la giornata nei campi?”
“Sarò puntuale…giuro…volo…” e già era mezza scomparsa tra la
folla di Flos Eycarpia…
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