Ieri passavo in bus da Piazza Bambine e Bambini di Beslan,
davanti alla Fortezza per intendersi...e noto che la recente
"scultura", o installazione pseudo-artistica, è stata danneggiata...
Per chi non conoscesse tale oggetto era costituita da una serie di pannelli di
compensato colorati che, visti dal davanti, formavano la scritta "Don't
Drive" e, di profilo, formavano l'immagine di una bottiglia...Ovviamente
era un modo "simpatico" per trasmettere il messaggio "se bevi,
non guidare...". Bene, premesso che tale "opera" era molto
lontano dal mio concetto d'arte, vederla rovinata mi ha fatto, non solo
tristezza, ma anche molta rabbia...la stessa che ho provato quando hanno
rovinato l'altra installazione della stessa piazza, dedicata al "Genio
Fiorentino"... Questo mi ha portato a riflettere su un tema più grande: il
rispetto per la “cosa pubblica”, che in Italia è pressoché assente. L’evoluzione,
o per meglio dire, l’involuzione, del nostro Paese ci ha portato a considerare
ciò che è Pubblico, non “di tutti”, ma piuttosto “di nessuno”…da quest’idea
nasce la giustificazione a buttare le cartacce per terra, a spaccare panchine e
arredi urbani, a intasare di carta igienica i bagni della scuola o dell’ufficio.
Tutto questo senza pensare che ogni danno si paga e non va a influire sulle
tasche di chi l’ha effettuato, ma su quelle dell’intera comunità. Da bravi
Italiani, ci lamentiamo spesso che i Pubblici Servizi non funzionano
correttamente, che ci vogliono mesi per una TAC, che i libri di scuola costano
troppo, che l’autobus è sempre in ritardo, che le nostre città sono sporche, ma
siamo i primi a non rispettare ciò che abbiamo, ciò che con le nostre tasse ci
viene fornito. Senza addentrarci in cosa e come il nostro Stato dovrebbe
investire al meglio i soldi pubblici, focalizziamo l’attenzione sul fatto che
la nostra popolazione manca prima di tutto di rispetto, nei confronti degli
altri e delle cose altrui, ma, di fatto, anche nei confronti di se stessa e
delle proprie cose. Non credo che la maggior parte degli italiani in casa
propria butti l’immondizia per terra, o intasi il water, o insegni ai propri
figli a farlo. Però usciti dalle loro abitazioni si vedono bambini che
rovesciano scaffali interi nei supermercati, ragazzini che sputano per terra,
adulti che gettano sul marciapiede l’incarto del pacchetto di sigarette.
Perché? Perché non c’è coscienza della “cosa pubblica”, non c’è coscienza del
fatto che gli altri, siamo noi, che il danno fatto alla comunità è un danno
fatto a noi stessi, non c’è “senso dello Stato”. Lo Stato è, infatti,
diventato, non l’espressione diretta del nostro modo di essere Popolo, ma un
Ente più o meno astratto a cui abbiamo delegato le decisioni comuni, per
liberarci dalle responsabilità che esse comportano, mantenendo però la pretesa di lamentarci
quando queste interferiscono coi nostri “piani”: abbiamo rinunciato alla
partecipazione attiva, facciamo decidere gli altri al posto nostro, ma
pretenderemmo che decidessero nel modo migliore, o per lo meno come piace a
noi. In poche parole ci occupiamo della “cosa pubblica” solo quando ci riguarda
da vicino, ma già ce ne disinteressiamo quando riguarda il nostro prossimo,
senza pensare che anche ognuno di noi è “prossimo” a qualcun’altro.
Come poter arginare tutto questo e invertire il processo?
Beh come per tutte le cose dipende dall’educazione, da quella della famiglia,
ma soprattutto da quella della scuola. La scuola (Pubblica appunto) è, o
dovrebbe essere, il principale mezzo di diffusione dell’educazione, ad ogni
livello della crescita dell’individuo. Oltre a creare persone “colte”, dovrebbe
formare dei Cittadini consapevoli, per evitare che il bambino che spacca i
giochini del parco pubblico diventi il diciottenne che svuota il posacenere
dell’auto quando è fermo al semaforo, l’universitario che ancora riga i banchi
delle sale lettura, l’adulto che evade le tasse.
Vorrei precisare che tutto questo discorso è esente da
qualsiasi moralismo di sorta, è solo una questione di logica: se vogliamo
vivere in un ambiente “bello” e pulito, non ci conviene sporcarlo e
distruggerlo. Inoltre, per ritornare al tema dell’educazione, c’è da dire che
una persona che nasce e cresce in un quartiere come titolerebbe La Nazione “degradato”,
dove chi l’ha preceduta ha provveduto a sporcare e distruggere, non verrà su certo
ben disposta nei confronti del mondo. A volte, come diceva Pertini, c’è bisogno
di esempi: mi ricordo che durante una gita in Germania i miei compagni fumatori
si ponevano il problema di gettare la cicca a terra. In Italia l’avrebbero
gettata senza nemmeno pensarci, magari ancora accesa, ma lì, vedendo quelle
strade tirate a lucido, quasi gli dispiaceva. Siamo abituati a non eccellere, a
seguire la massa “tanto non cambierà mai niente, tanto lo fanno tutti, perché
dovrei essere io il solo a rispettare le regole?” e ci adeguiamo, ci
accontentiamo, ad essere meno degli altri. Eppure non avremmo niente da
invidiare agli altri paesi, anzi, basterebbe un minimo crederci…imparare a
rispettare e a rispettarci, educare i nostri figli al bello e al senso civico.
In fondo è proprio in Italia, con la Repubblica (che non a caso si traduce
letteralmente con “cosa pubblica”) degli antichi romani, che è nato lo Stato
così come lo intendiamo oggi: è un’occasione in più per ricordarci da dove
veniamo e decidere dove vogliamo andare, senza, per questo, sfociare in inutili
e stupidi nazionalismi, cosa purtroppo già accaduta in un passato abbastanza
recente, che spesso in molti tendono a dimenticare (nel migliore dei casi) o a
esaltare (nel peggiore).
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