venerdì 21 marzo 2014

Aut aut

Si svegliò riposatissima. Non fece suonare la sveglia due volte e si alzò quasi di scatto. Andò in bagno e si soffermò davanti allo specchio: la lastra argentea le rimandava un volto sereno, occhi grandi, niente borse, i capelli castani decisamente in ordine per essersi appena alzata. Si lavò con acqua tiepida e si riguardò: il viso sorridente era sempre lì, non un cattivo pensiero incrinava il suo sguardo, nessuna righetta di preoccupazione piegava la sua fronte. "Visto? Ho preso la decisione giusta!" , sorrise al suo riflesso, che, a sua volta, sorrise. Guardò fuori dalla finestra: era una bella giornata. Fece colazione, una tazza di tè e due biscotti: bastavano.
Si infilò i suoi pantaloni, taglia 44: aveva perso 20 kg da quando aveva preso quella decisione. Finalmente era tornata al suo peso forma.
Mentre raccoglieva la biancheria sporca, l'occhio le cadde sul cofanetto posato sul comodino. "Non aprirlo" si disse "ormai non ti serve più." Si avvicinò, lo sfiorò: poteva quasi sentir il contenuto all'interno muoversi. Resistette alla tentazione e non lo aprì. Rifece il letto, prese la borsa, già accuratamente preparata la sera prima, e uscì di casa diretta all'università. Non fece neanche cinquanta metri che, al semaforo più vicino si trovò davanti una scena agghiacciante: un camion aveva investito un motorino. Due ambulanze. Sette o otto tra medici e infermieri. Quattro carabinieri. Un uomo in lacrime. Un altro appoggiato al mezzo pesante che si teneva la testa tra le mani. A terra, coperto da un lenzuolo, un bambino. Intorno, un capannello di gente in silenzio, tutti troppo sconvolti anche solo per parlare. La ragazza guardò la scena con noncuranza. "Quante scene! Spero che lo portino via presto, sennò sai che ingorgo? E poi come ci arrivo in facoltà?"
"Scusi, signorina, che è successo?"
"Bah non so, un incidente credo... E' morto un bambino, pare..."
"Oddio ma è terribile!"
"Meglio lui che io..."
Il passante la guardò ad occhi sbarrati, si fece il segno della croce e si allontanò mormorando "Che mondo, che mondo...".
Il bus arrivò senza poi molto ritardo. Lei salì, si sedette. Arrivata, scese ed entrò nel blocco aule. C'erano cartelloni e striscioni dappertutto, ragazzi urlavano slogan, le stanze erano vuote o avevano la porta sbarrata.
Si avvicinò al ragazzo che sorvegliava l'ingresso dell'aula 10.
"Ehm, scusa...che significa?"
"Non lo sai? Occupiamo! Tra poco c'è l'incontro col rettore, vieni?"
"Che scempiaggini!"
"Mi vorresti dire che sei per l'aumento delle tasse del 20%?"
"Onestamente non ci ho pensato... dovrei essere contraria? Se hanno deciso così..."
"Ma non eri tu quella un mese fa intervistata dal TG3 a una manifestazione in favore della scuola pubblica?"
"A dire la verità sì... ma era prima che mi operassi..."
"O mi dispiace... Stai bene ora?"
"Benissimo, mai stata meglio! E adesso, potrei entrare?"
"Noooo, il blocco è occupato!"
"Ma io ho lezione!"
"Oggi no..."
"Insomma, io dovrei sprecare una giornata per le vostre stronzate?"
"Ma, ma... ti hanno operato al cervello, che hai perso la memoria? O ti hanno fatto una specie di convincimento, stile film complottista?"
"No, veramente, no...Va beh torno a casa..."

"Ma guarda questi idioti!" pensava di nuovo sul bus. "Occupare... Chissà che si credono?"
Un ricordo le sfiorò la mente. "Anch'io occupavo, manifestavo... Mi occupavo di politica, scrivevo articoli... e racconti. Prima dell'operazione facevo un sacco di cose! Ma perché le facevo? A che servivano? Ora che studio e basta vado molto meglio... Certo l'operazione è stata dolorosa, ma di sicuro un buon investimento. La mamma diceva di non farla, ma poi s'è convinta. Ora la vedo più tranquilla, contenta...tutti 30e lode!E io? Sono contenta? Non lo so, ma di sicuro non sono triste... Mi basta!"

Tornata a casa, si preparò il pranzo: un'insalata e una ricottina. Squillò il telefono. "Pronto?"
"La nonna... la nonna non c'è più..." il pianto dirotto di sua sorella all'altra parte della cornetta la infastidì.
"Ah... proprio mentre stavo per mangiare... Devo venire là? Per forza, eh? Va bene, prendo la macchina..."

"Proprio non capisco che mi chiamano a fare: se è morta ormai che le faccio?"
Passò dalla camera per cambiarsi la maglietta, non adatta all'evento tragico e di nuovo posò lo sguardo sul cofanetto.
Con aria di sfida, lo aprì e disse al contenuto "Sai? Ora che non ci sei più è tutto più facile... Non soffro, non piango, non mi arrabbio troppo, non mi viene voglia di sbattere la testa nel muro... L'ho dovuto fare, toglierti... Quando lui se n'è andato altrimenti non avrei resistito: mi stavi facendo del male... Insomma: ho pensato di uccidermi, ti rendi conto? Mi davi consigli sbagliati, non facevi il mio bene... Ora, senza di te, la mia vita è migliore..."

"Vita?" udì sussurrare da dentro la scatolina, "La chiami vita quella che fai adesso?"
"Ancora parli, non ti sei arreso?"
"Mai... del resto, non hai voluto liberarti di me del tutto, come se, in fondo, sapessi che non puoi fare a meno di me..."
"No, ti ho conservato a monito di tutta la sofferenza che mi hai causato. Per ricordarmi ogni giorno che ho fatto la scelta giusta..."
"Se te lo devi ricordare, forse non è poi così giusta, non credi?"
"Ma smettila! Mi hai stufato...sei monotono!" e richiuse il cofanetto che conteneva il suo cuore.

2 commenti:

  1. Notevole il simbolismo, il linguaggio che usi è tutt'uno con il senso, la forma stessa che utilizzi fa parte del contenuto che vuoi fare arrivare. E arriva.

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Alla sera

Forse perché della fatal quïete

tu sei l'imago a me sì cara vieni

o sera! E quando ti corteggian liete

le nubi estive e i zeffiri sereni,


e quando dal nevoso aere inquïete

tenebre e lunghe all'universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.


Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme


delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

quello spirto guerrier ch'entro mi rugge