venerdì 26 ottobre 2012

En bref - Parte 1

C'era una volta una ragazza...
Non era esattamente una principessa come quella delle favole e delle storie Disney, non era figlia di re, non possedeva un castello, ma nonostante questo aveva vissuto i primi 22 anni della sua vita all'interno di una torre. Non una torre di pietre e mattoni, come quella di Rapunzel, era una torre i cui confini non si vedevano con esattezza. Una torre fatta di persone, esperienze, abitudini... La ragazza non si era mai resa conto di starci dentro, di esservi prigioniera. Aveva sempre vissuto al suo interno e non pensava potesse esistere nient'altro: era il suo mondo in tutto e per tutto e non ci stava poi così male. Come gli schiavi del mito incatenati nella grotta, vedeva ombre e le credeva realtà.
Nella sua torre aveva una famiglia, degli amici, studiava e faceva politica. Insomma: aveva poco tempo libero per pensare! C'erano ovviamente giornate storte, in cui sentiva che ci doveva essere dell'altro, qualcosa di meglio a cui aspirare o semplicemente qualcosa di nuovo... Una torre, per quanto grande, resta una torre! Si chiedeva "Ma esiste un fuori?" e subito si rispondeva "No... è la vita, va accettata così! E anche se ci fosse altro, chi mi dice che sia meglio? Chi lascia la via vecchia per quella nuova..." 
Le sue "autorisposte" però non la soddisfacevano, era curiosa per natura e odiava accettare le cose "per fede", soffriva come se le mancasse qualcosa. Era circondata di persone, ma spesso si sentiva sola e incredibilmente incompresa. E i giorni passavano... 
Fino al suo ventiduesimo compleanno, quando organizzò una mega festa e fu contentissima della partecipazione dei suoi amici, che si dimostrarono veramente disponibili, carini, affettuosi. La riempirono di calore e di regali e lei, malinconica, ma romantica per natura, ne fu entusiasta. Si rese conto che era una persona fortunata, tutto sommato, e che la vita non era male come sfida. Nel frattempo aveva ripreso anche a scrivere, una delle sue passioni fino da bambina.
Le dispiaceva solamente che uno tra i suoi amici non fosse venuto alla festa, ma lui le assicurò che si sarebbe fatto perdonare in qualche modo, per la sua gravosa assenza e lo fece 4 giorni dopo, invitandola a uscire la sera. Era tanto che non parlava vis à vis col suo amico e la ragazza era felice, tanto che cominciava a sperare di poter anche credere a un "fuori". Ancora non ci credeva, ma sognava che potesse esistere.
Quella sera il telefono del suo amico squillò: lo chiamava un ragazzo che lei si ricordava vagamente, un tipo strano, che voleva raggiungerli. E li raggiunse. Anche se non aveva un'armatura di acciaio splendente, era un cavaliere: era vestito di fulgida fantasia e di guizzo d'artista, profumava di ispirazione e aveva l'oceano nello sguardo. La ragazza ne restò impressionata come la pellicola di Daguerre, come la prima tela di Monet. Non sembrava "delle sue parti", sembrava provenire da Fuori, da un altro mondo… “Ma non è possibile!!” si diceva la ragazza. Eppure il cavaliere parlava di mondi a lei sconosciuti, di forme di svago e di arte diverse da quelle a lei note. Ma chi era questo singolare individuo che si permetteva di confonderle le idee?? Però la incuriosiva, la affascinava, la attirava verso di sé! Tanto che lei si dimenticò dell’amico e si concentrò sul nuovo venuto per l'intera serata… Lui la sfidò a duello, verbale si intende! "Combatterono" strenuamente tutta la sera, con le lingue trasformate in guizzanti spade di Toledo e, più andavano avanti,  più la ragazza si divertiva. Quel maledetto “alieno” le teneva testa! Poi lo scontro finì e i ragazzi la riportarono a casa. Con un fugace bacio sulla guancia, salutò amico e sconosciuto cavaliere. Mentre si addormentava, sorrise: qualcosa le diceva che lo avrebbe rivisto e che là fuori c’era tutto un mondo da scoprire…

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Alla sera

Forse perché della fatal quïete

tu sei l'imago a me sì cara vieni

o sera! E quando ti corteggian liete

le nubi estive e i zeffiri sereni,


e quando dal nevoso aere inquïete

tenebre e lunghe all'universo meni

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.


Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme


delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre io guardo la tua pace, dorme

quello spirto guerrier ch'entro mi rugge